Scienza

giu62018

Obesità e fumo, studio di randomizzazione mendeliana dimostra un rapporto causale

Sul fatto che esistesse una correlazione tra obesità e abitudine al fumo di sigarette esistevano già varie segnalazioni, peraltro contraddittorie. Di recente è però uscito uno studio sul "British Medical Journal", che porta un chiarimento importante sul tema. Abbiamo chiesto spiegazioni a Michele Carruba, Direttore del Centro di Studio e Ricerca sull'Obesità dell'Università degli studi di Milano.

Professor Carruba, qual era lo scopo di questo studio?
Quello di studiare se esistesse una relazione tra obesità (quindi aumento del peso dovuto all'eccesso di grasso), da un lato e, dall'altro, il vizio di fumare, inteso come inizio o aumento del fumo in conseguenza dell'obesità. In passato è stata descritta un'associazione inversa tra il vizio di fumare e il peso corporeo; si pensava quindi che il fumo potesse ridurre l'appetito, tanto è vero che molte persone quando smettono di fumare ingrassano. Altri autori hanno pubblicato che, paradossalmente, i fumatori hanno una circonferenza della vita più larga, sono cioè più obesi. In ogni caso, queste informazioni erano piuttosto contraddittorie e in qualche modo potevano essere dovute ad altri fattori che possono sicuramente influenzare sia l'obesità che il fumo di sigarette, come per esempio l'attività fisica (inversamente correlata con il fumo di sigarette) oppure una dieta non salutare o il consumo di alcol (due elementi positivamente correlati sia con l'obesità sia con il fumo di sigarette). Da tutte queste evidenze si potrebbe essere portati a pensare che alcune persone obese inizino a fumare perché pensano che ciò riduca il consumo di cibo e, quindi, l'obesità. Il problema, come detto, era che la letteratura non era chiara e le associazioni erano state rilevate con i metodi che non potevano escludere i fattori confondenti citati.

Come è stato condotto allora questo studio e a quali risultati ha portato?
È stato utilizzato un sistema completamente diverso ovvero la cosiddetta "randomizzazione mendeliana", un processo per cui gli autori hanno fatto ricorso a una banca biologica europea di persone che erano state studiate sotto il profilo genetico, delle abitudini e del peso corporeo. Va ricordato che esistono in letteratura una serie di varianti geniche - ossia polimorfismi a singolo nucleotide - associate a vari parametri per stabilire l'obesità, e più precisamente sono noti 73 polimorfismi associati all'indice di massa corporea (BMI), 12 per la percentuale di aumento di grasso corporeo e 44 per la circonferenza della vita. Questo tipo di studio origina non da individui, ma dalla banca dati: in particolare sono stati selezionati tutti coloro che presentavano quelle modificazioni genetiche associate ai tre fattori. Basandosi su queste varianti geniche i ricercatori hanno studiato se questi soggetti fumavano e avevano iniziato o fumare. Questo tipo di ricerca ha il vantaggio di non essere in alcun modo influenzabile da altri comportamenti (come per esempio la dieta) e di essere in grado di dire se questa associazione fra obesità e fumo di sigaretta è effettivamente causale e non casuale, come avveniva con gli altri metodi descritti prima. Si è così visto che, nell'ambito ovviamente di chi ha queste modificazioni genetiche associate al BMI, esiste una correlazione per cui all'aumentare del BMI aumenta sia il numero di persone che fumano sia la quantità di sigarette fumate. Inoltre, questa correlazione esiste utilizzando sia polimorfismi legati al BMI sia quelli legati alla percentuale di grasso corporeo sia quelli legati alla circonferenza della vita. Quindi, sulla base di questi studi, è stato possibile definitivamente stabilire che esiste una relazione causale tra fumo e aumento del BMI o della percentuale di grasso o della circonferenza della vita, tutte situazioni correlate all'obesità. Pertanto, con l'aumentare dell'obesità aumenta anche il rischio di cominciare a fumare o di fumare con maggiore intensità (ossia di incrementare il numero di sigarette consumate al giorno). Con questa metodologia si è rivelato come gli stessi polimorfismi che sono coinvolti nell'aumento del peso corporeo dovuto al grasso corporeo sono anche responsabili dell'aumento della predisposizione al vizio del fumo.

Quali sono a suo avviso i punti di forza di questo studio e qual è il suo significato clinico?
Lo studio è stato molto ben condotto su una popolazione piuttosto vasta - nel senso che sono stati studiati oltre 370.000 soggetti, quindi un numero estremamente rappresentativo della popolazione - e ha il pregio, come detto, di dimostrare che c'è uno o più fattori genetici comuni sia all'obesità che al desiderio di fumare. Importanti poi sono le considerazioni relative all'impatto di questi dati. Dobbiamo pensare che la popolazione in studio era europea e se si fa un'analisi di tipo epidemiologico oggi il numero degli obesi sta aumentando notevolmente. Fino a qualche tempo fa il fumo di sigarette era al primo posto come fattore capace di indurre mortalità e morbilità e l'obesità era al secondo posto. In questi ultimi pochi anni le cose sono cambiate e altri studi hanno messo in luce come l'obesità sia divenuta un fattore molto più potente rispetto al fumo di sigaretta nel creare mortalità. Obesità e fumo di sigaretta sono insomma i fattori ai primi due posti nel creare mortalità e morbilità. È chiaro ed evidente che quando questi due fattori si associano il rischio aumenta notevolmente: un concetto che è molto importante avere chiaro in mente perché è un'indicazione ad attivarsi non solo per disincentivare l'abitudine al fumo, ma anche per prevenire insieme l'insorgenza dell'obesità e del consumo di sigarette, considerando che chi è obeso ha più facilità di incorrere nel vizio del fumo e nell'incremento della quantità di sigarette fumate. Si tratta di un dato molto importante perché questi due fattori possono incidere notevolmente a livello di sanità pubblica e sulla salute della popolazione.

Quali sono quindi le possibili ricadute sotto il profilo pratico?
Innanzitutto, bisogna sfatare quel preconcetto diffuso per cui, dato che quando si smette di fumare si ingrassa leggermente, molti pensano che fumando si possa dimagrire, mentre non è così. Tutti noi abbiamo la possibilità di incorrere in determinati fattori di rischio. Questo studio dimostra che la predisposizione all'obesità predispone anche al fumo di sigaretta. È chiaro che ci possono essere soggetti magri che fumano e persone grasse che non fumano, ma in ogni modo esiste una correlazione causale per cui più si ingrassa e più è facile cominciare a fumare o aumentare il consumo di sigarette. Tra i vari possibili significati di questo studio vi è anche il fatto che una prevenzione primaria dell'obesità favorisce anche una prevenzione del fumo, ma ribadisco che l'aspetto fondamentale consiste nell'essere consapevoli che: 1) l'obesità e il fumo di sigaretta sono i due fattori principali di mortalità e morbilità; 2) recentemente l'obesità è passata al primo posto rispetto al fumo; 3) la coesistenza di questi due fattori è ovviamente più deleteria rispetto alla presenza di uno solo dei due.

BMJ, 2018 May 16;361:k1767. doi: 10.1136/bmj.k1767.
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