Clinica

giu132016

Dieta del gruppo sanguigno: smentita dalla scienza

Di fronte al proliferare di comunicazioni sulla cosiddetta "dieta del gruppo sanguigno", in ogni medico e in ogni persona che si occupi di nutrizione, a qualsiasi livello, dovrebbero sorgere spontanee alcune domande cui è utile rispondere in modo documentato, facendo riferimento ai lavori internazionali che ne parlano.

Esiste una qualsiasi relazione tra struttura genetica legata al gruppo sanguigno e modalità di risposta al cibo? Questa domanda è decisiva e la sua risposta si basa sulla conoscenza della genetica di base che sperabilmente un medico dovrebbe avere e che si richiede addirittura ai ragazzi del liceo, quando studiano biologia.
La popolazione mantiene la sua variabilità genetica e la diversità anche tra i fratelli, grazie alla ricombinazione meiotica, cioè quel momento in cui la doppia elica dei cromosomi miscela in modo del tutto casuale l'informazione genetica che arriva dalla madre e quella che arriva dal padre per arrivare a costruire gameti con combinazioni alleliche diverse da quelle dei genitori.
La frequenza di ricombinazione e le sue leggi sono perfettamente studiate da lunghissimo tempo (il Nobel per la Medicina del 1933 fu assegnato al genetista e biologo statunitense Thomas Hunt Morgan per i suoi studi genetici) e l'unità di misura della ricombinazione è funzione del centiMorgan, che è la distanza tra diversi geni che rende conto della loro possibile ricombinazione. Sono regole attualissime che consentono anche oggi di verificare ad esempio paternità, maternità e grado di omologia di un DNA in modo molto preciso grazie proprio alla regola dell'assortimento indipendente, uno dei capisaldi della genetica e della biologia. Non esiste quindi alcuna connessione tra Gruppo sanguigno e reazione ad alcuni alimenti e ogni individuo potrebbe, indipendentemente dal gruppo sanguigno di appartenenza, avere il colore degli occhi della madre, una predisposizione genetica per la reattività al glutine piuttosto che al riso e la forma del naso della zia.

C'è qualche aspetto legato al gruppo sanguigno che vede differenze epidemiologiche per alcune malattie?
Un dato interessantissimo è che la possibile connessione tra gruppo sanguigno e specifiche malattie è stata studiata anche da molti altri ricercatori, identificando solo alcune possibili controverse correlazioni. Per un certo periodo, ad esempio, si è detto che la popolazione del Perù era stata particolarmente colpita da una epidemia di colera a causa della elevata presenza di persone di Gruppo 0 ma nel 2010 Ramamurthy (1) ha stabilito che questa relazione non è vera e che la risposta alla tossina colerica dipende da altre varianti, avendo documentato, nello stesso Gruppo 0, delle risposte diverse alla tossina in relazione alle diverse regioni geografiche di misurazione.

Peter D'Adamo e il dottor Mozzi sono gli unici che hanno studiato queste possibili relazioni?
I due massimi "promotori" della dieta dei gruppi sanguigni non sono certo stati gli unici ad aver studiato la relazione tra gruppo sanguigno e malattie. Colpisce però l'assenza di qualsiasi lavoro scientifico proposto da questi due autori, se si cerca negli indici della banca dati internazionale Medline, ma soprattutto colpisce il fatto che molte malattie siano state studiate in relazione al gruppo sanguigno scoprendo poi che la variabile che caratterizza una diversità nella risposta è che la persona abbia o non abbia la determinante H, cioè se sia o meno un "secretore" del Gruppo, anche a livello delle mucose. Sembra logico, perché ciò evidenzia una reazione diretta tra la mucosa, dove avviene l'incontro con un batterio o un virus, e una sua particolare configurazione. Eppure nessuno dei due autori parla mai di questa particolare caratteristica che è strettamente associata al gruppo sanguigno e che sembra l'unica con una reale documentazione scientifica.
Ebbene i tassi di infezione da Hiv sono più elevati nei "secretori" (80% della popolazione) piuttosto che nei "non secretori" (20% della popolazione) senza alcuna correlazione significativa per la differenza tra i gruppi sanguigni, come documentato da Chanzu (2). Per l'infezione da Helicobacter pylori avviene invece l'opposto, come descritto da Ansari (3) che ha evidenziato maggiore reazione duodenale nei soggetti "non secretori" rispetto ai "secretori", ma sempre e solo relativamente a questa caratteristica, mentre nessuna differenza significativa si è vista rispetto al gruppo sanguigno AB0. Purtroppo invece, in molte pubblicazioni sulle diete dei gruppi sanguigni si leggono indicazioni acritiche di strette correlazioni tra tipi di malattia e Gruppo, che non possono avere ovviamente nessun senso scientifico e su cui vale la pena interrogarsi.

Qual è il motivo del successo di pubblico di questo tipo di impostazione dietetica?
Sul piano medico e motivazionale si devono invece fare due considerazioni positive, che traggono spunto dal perché nel breve termine le indicazioni nutrizionali di questi tipi di "dieta" hanno un relativo successo di pubblico. Una saggia riflessione su questi aspetti potrebbe aiutare qualsiasi medico a rendere migliore l'aderenza dietetica dei propri pazienti.
La definizione di "Gruppo" è vissuta dal paziente come una caratteristica di "individualizzazione". Poco importa se quello che è poi asserito sia vero o sia falso. Per molte persone che devono cambiare il loro stile di vita e la loro alimentazione, il fatto di sentirsi "catalogati in modo personalizzato", consente "finalmente" di motivare scelte dietetiche che non sarebbero fatte se fossero solo per un "benessere" generico adatto a tutti.
Il secondo aspetto è che nella realtà italiana e statunitense esiste in questo momento un abuso di latticini e di alcuni cereali (in particolare quelli contenenti glutine). Senza alcuna motivazione scientifica, le indicazioni di queste diete vanno però a richiedere proprio l'eliminazione o il controllo dei cibi maggiormente responsabili di infiammazione correlata al cibo tra la popolazione media. Il benessere che deriva da una dieta di questo tipo è legato al controllo delle reazioni alimentari statisticamente più frequenti nella popolazione italiana, e non dipende certo dalla appartenenza ad un gruppo sanguigno o all'altro.
Cai (4) ha dimostrato con chiarezza che due malattie come la colite ulcerativa e il morbo di Crohn sono strettamente legate, in Europa, alla reazione a latte, glutine e lieviti, mentre in Cina, a riso, soia e mais. Non dipende dal Gruppo AB0 ma dalle abitudini locoregionali che rendono statisticamente significativa la reazione ad un alimento piuttosto che un altro.

Ci sarebbe molto altro da dire, soprattutto per entrare in contraddittorio su asserzioni che oltre a essere prive di qualsiasi supporto scientifico potrebbero diventare pericolose se applicate su larga scala. Basti citare il tendenziale stimolo all'assunzione prevalente della carne, a dispetto delle valutazioni più recenti dell'Oms e la promozione di una dieta che ha molto poco di "mediterraneo" a dispetto delle indicazioni internazionali di supporto. Importante è che ogni medico capisca la base reale delle affermazioni che sono fatte e sappia dare un taglio preciso ad affermazioni e comportamenti in cui finta scienza camuffa delle semplici caratteristiche di prevalenza locoregionale delle abitudini alimentari.

Riferimenti bibliografici:
1) Ramamurthy T et al, Clin Vaccine Immunol. 2010 Aug;17(8):1232-7.
2) Chanzu NM et al, PLoS One. 2015 Jul 17;10(7):e0133049. doi: 10.1371/journal.pone.0133049. eCollection 2015.
3) Ansari SA et al, Trop Med Int Health. 2015 Jan;20(1):115-9. doi: 10.1111/tmi.12401. Epub 2014 Oct 16.
4) Cai C et al, PLoS One. 2014 Nov 13;9(11):e112154. doi: 10.1371/journal.pone.0112154. eCollection 2014  

Attilio Speciani

DALLE AZIENDE