Attualità

ott302015

Le psicosi collettive possono colpire chiunque, nonostante le rassicurazioni degli esperti

La "psicosi da carne rossa" si sta diffondendo rapidamente in Italia dopo l'allarme lanciato dall'OMS che collega il consumo di carni rosse lavorate a un aumentato rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore. Nonostante le rassicurazioni di oncologi e nutrizionisti, in caso di consumo moderato, le vendite di carne rossa sarebbero già calate del 20%. Abbiamo parlato di psicosi alimentari collettive con lo psichiatra Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro medico Santagostino di Milano: mangiare con la testa e pensare con la pancia ci può essere utile?

Quali meccanismi si attivano a livello mentale dopo un allarme del genere?
Le psicosi collettive possono colpire chiunque, soprattutto le persone che non sono abituate a scegliere in autonomia e mettere in discussione le cose. Persone che sono molto sensibili a come si muovono gli altri. Persone anche molto aggiornate, ma che dipendono dagli altri per esprimere un giudizio. È facile parlare alla pancia delle persone e trascinarle in un vortice di ansia e angoscia, talvolta irrazionali. Le psicosi sono un modo di vivere il rapporto con la realtà dei fatti: un modo in cui perdiamo il contatto con la realtà, credendo fermamente a cose che non sono reali e tutto il nostro mondo ruota attorno a queste idee. La peculiarità è che veniamo contagiati credendo alla bontà della reazione emotiva dell'altro, non mettendo più in discussione il fatto in quanto tale.

Quali sono le emozioni che entrano in gioco, in grado di condizionare le scelte al supermercato?
Le psicosi sono tutte basate sulla minaccia al senso di sopravvivenza della specie. Per affrontare il tema dell'alimentazione, oggetto specifico di questa psicosi collettiva, occorre fare un ragionamento principalmente culturale. Noi tutti dedichiamo troppo poco tempo e di troppa bassa qualità al cibo, a come mangiamo, da capire le scelte che facciamo. Leggendo bene i numeri, la carne ha un impatto relativamente piccolo rispetto ad altri fattori, come la sedentarietà e il fumo di sigaretta.

Come bisogna affrontare questa problematica che potrebbe modificare le scelte alimentari di milioni di persone?
Il problema è: che tipo di carne mangiamo? Oggi la catena industriale ha stravolto la catena alimentare e, giusto per citare un paio di esempi, le mucche di cui mangiamo la carne non ruminano più ma mangiano mais, una cosa del tutto anomala, come se noi mangiassimo le foglie delle piante. Le mucche che noi mangiamo raggiungono la stazza di adulto in un terzo in meno del tempo fisiologico. Questi animali sono trattati medicalmente come le persone anziane nei ricoveri in ospedale per evitare le infezioni da permanenza in luoghi pericolosi per il contagio di infezioni: le stalle (se così si possono chiamare) dove vivono, ammassate una sull'altra. Domandiamoci quindi, che carne mangiamo? Che ripercussione ha l'assetto ormonale di questi animali sulla nostra salute? Dobbiamo tirare fuori dalla soffitta la cultura del genuino, della produzione che tutela la catena alimentare, e scegliere quindi il cibo in modo diverso. Dovremmo mangiare un po' meno, evitare le abbuffate serali, che fanno sempre un po' gratificazione emotiva di una giornata di lavoro, ma fanno molto male alla nostra salute. Occorre grande consapevolezza e cultura, in questo modo possiamo vincere le psicosi che altrimenti ci travolgono.

Francesca De Vecchi


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