Clinica

mag312018

Disturbi funzionali: alimentazione come terapia di prima linea

I disturbi funzionali dell'apparato digerente costituiscono una delle ragioni per le quali più frequentemente i pazienti si rivolgono allo specialista della nutrizione e oggi sappiamo che l'insieme dei sintomi che li caratterizzano trovano proprio nell'approccio integrativo e alimentare la terapia di prima linea. Per approfondire l'argomento Nutrizione33 ha intervistato il dottor Cesare Cremon che, al Policlinico Sant'Orsola Malpighi di Bologna, si occupa proprio di malattie gastrointestinali funzionali.

"Il dolore addominale, associato o meno ad altri sintomi, è ciò che caratterizza il disturbo funzionale e oggi i criteri di Roma IV rendono possibile un inquadramento diagnostico preciso - racconta il dottor Cremon -; in particolare esistono disordini dell'esofago, disordini gastroduodenali, disordini intestinali, disordini funzionali della colecisti, disordini anorettali, ma i più diffusi sono certamente la dispepsia funzionale e la sindrome dell'intestino irritabile con prevalenza di stipsi, di diarrea o di alternanza dell'alvo.
Durante la fase anamnestica è fondamentale prestare attenzione a quelli che possono campanelli d'allarme: un paziente over 50 che solo da poco lamenta sintomi è ben diverso da un coetaneo che convive con i sintomi da una vita, per fare un primo esempio pratico. Sangue nelle feci o familiarità con cancro colon rettale o celiachia o malattie infiammatorie intestinali, o ancora sintomatologie notturne o disfagia o perdita di peso possono far sospettare che la causa dei disturbi lamentati dal paziente non sia di tipo funzionale e impone un'investigazione più attenta. Se questi campanelli d'allarme non ci sono o si è certi di una diagnosi in senso funzionale è bene impostare una terapia nutrizionale adatta e la non risposta nel tempo alla dieta non è motivo per far sospettare che i disturbi non siano di natura funzionale.
Purtroppo esiste una grande variabilità nelle risposte e sappiamo che va fatto su questi pazienti un grande e difficile lavoro di personalizzazione del piano alimentare perché la stretta aderenza ad esso è una delle chiavi del miglioramento dei sintomi, ma nonostante ciò esistono davvero pazienti che non traggono benefici sostanziali dalla dieta. L'alimentazione giusta per il paziente giusto è la sfida del professionista della nutrizione.
Un altro ruolo cruciale lo giocano i probiotici, ruolo che anno dopo anno e studio dopo studio, emerge e si rende più chiaro. Siamo però ancora molto lontani a mio avviso dal conoscere nel dettaglio l'effetto dei singoli ceppi perché a fronte di risultati molto incoraggianti abbiamo numeriche piccole e nessuna prova schiacciante che l'uno sia migliore dell'altro. I ceppi meglio studiati nelle malattie funzionali sono lattobacilli, bifidobatteri, escherichia o combinazioni di ceppi e credo di poter dire che se mai arriveremo a poter avere delle linee guida definite sull'uso dei probiotici questi microrganismi ne saranno i protagonisti. In letteratura non abbiamo neppure evidenze di un timing ben preciso per l'integrazione probiotica e in questo caso l'esperienza clinica è attualmente ciò che guida la scelta sia del probiotico o del mix di probiotici sia del timing di trattamento."

Silvia Ambrogio


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