Scienza

mag42017

Associazione tra vitamina D e patologie della tiroide: ancora nessuna certezza

Gli studi prodotti finora sul ruolo che la vitamina D gioca nella regolazione tiroidea sono inconsistenti e inconcludenti. Questa la conclusione alla quale è giunto il professor Paolo Emidio Macchia, endocrinologo e docente all'Università di Napoli di Scienze tecniche dietetiche applicate, dopo aver preso in esame con il suo team di ricerca gli studi presenti in letteratura riguardanti l'associazione tra vitamina D e patologie della tiroide e aver recentemente pubblicato un articolo sull'argomento su Reviews in Endocrine and Metabolic Disorders. "Revisionando la letteratura disponibile siamo giunti alla conclusione che non abbiamo ancora dati attendibili per poter utilizzare realmente nella pratica clinica questa vitamina. Di dati in realtà ne abbiamo parecchi, quindi non è una questione di numeriche, ma di costruzione degli studi che permettono di arrivare ai numeri. Nel campo della funzionalità e patologia tiroidea di certezze non ce ne sono: le popolazioni studiate non sono selezionate e questo vale anche da un punto di vista etnogeografico. Le popolazioni orientali, per esempio, sembrano avere livelli di vitamina D molto differenti dai nostri. E poi abbiamo dati su bambini, adolescenti e adulti nello stesso calderone". I livelli di vitamina D devono essere mantenuti nella norma e oggi questo è facilmente ottenibile attraverso un'integrazione, ma "affermare al momento una qualunque associazione di tipo causa-effetto con una patologia tiroidea per me non ha molto senso - prosegue Macchia. Oggi i dati sono confusi, ma non per questo trovo privo di senso investire in studi su popolazioni europee molto selezionate. Ricordo che se certezze vi sono sul ruolo giocato dalla vitamina D queste si hanno nel suo coinvolgimento a livello immunitario e una delle patologie tiroidee più diffuse è la tiroidite di Hashimoto, che rientra tra le patologie a carattere autoimmune. Ma oggi, ribadisco, non vi sono dati utilizzabili in ambito clinico: alcuni studi correlano alti livelli di autoanticorpi a bassi livello di vitamina D, altrettanti studi smentiscono qualunque tipo di correlazione. E prima di valutare l'effetto di una supplementazione valuterei in popolazioni ben selezionate le eventuali carenze. Ad esempio potrebbe essere interessante uno studio nei pazienti con tiroidite di Hashimoto per confrontare i livelli di vitamina D tra i pazienti con ipotiroidismo e quelli in cui l'ipotiroidismo non si è manifestato, stando attento anche alla stagionalità in cui si effettuano le indagini di laboratorio perché ricordo che l'effetto dell'esposizione al sole è una discriminante non indifferente. Sempre nei pazienti con ipotiroidismo da tiroidite di Hashimoto, potrebbe essere interessante valutare l'efficacia della supplementazione con vitamina D nel modulare gli effetti della terapia, e stabilire se la vitamina D possa in qualche modo consentire variazioni nel dosaggio delle dosi farmacologiche di ormoni tiroidei. Un ultimo aspetto per il quale ritengo siano necessari ulteriori studi è la relazione tra tumori della tiroide e concentrazioni sieriche di vitamina D". Ad oggi, infatti, numerosi dati in letteratura suggeriscono la presenza di forti correlazioni tra le concentrazioni di vitamina D e tumori in generale e per quanto riguarda i tumori della tiroide, i dati degli studi in vitro e in modelli animali sono promettenti, ma ancora non ci sono chiare evidenze sul potenziale ruolo di questa vitamina in ambito oncologico.

Silvia Ambrogio

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