Attualità

mag272015

Acrilamide: minimizzare il rischio anche nella cucina di casa

L'acrilamide (a.) è una molecola chimica classificata genotossica e cancerogena e poiché ha svariati usi in ambito industriale è sottoposta a restrizioni sanitarie. Nel 2002 è stata ritrovata anche negli alimenti dove si può formare in seguito a cotture prolungate a temperature superiori a 120°C, per reazione fra gli zuccheri riducenti (glucosio e fruttosio) e l'aminoacido asparagina, soprattutto se presenti in alte concentrazioni. Ne accumulano maggiormente i cibi amidacei, in particolare le patatine fritte a bastoncino (812 mg/kg) e in generale tutti i prodotti a base di patate, ma anche biscotti, cracker, pane croccante (260 mg/kg). Degni di attenzione particolare sono gli alimenti a base di cereali destinati ai lattanti (219 mg/kg) e in generale la categoria dei bambini per la quale è stato calcolato che il 30% dell'assunzione di a. deriva da patatine fritte e chips e un altro 30% da biscotti e cracker. Quantità rilevanti ne sono state trovate anche nel caffè torrefatto e nei suoi succedanei (245 mg/kg). L'a. introdotta per via orale, viene ampiamente metabolizzata, ma è il metabolita di processo glicidammide, si legge in una bozza di parere Efsa del 2014 in attesa di pubblicazione, la causa più probabile delle mutazioni geniche e dei tumori osservati negli studi sugli animali. Gli studi sull'esposizione professionale e alimentare, condotti finora nell'uomo, hanno però fornito prove limitate e discordanti sull'aumento del rischio di sviluppo di tumori. A preoccupare sono invece i possibili effetti nocivi sul sistema nervoso, sullo sviluppo prenatale e postnatale e sulla riproduzione maschile, riporta il testo Efsa. Nel complesso, in Europa gli attuali livelli di esposizione alimentare rimangono bassi (0,3-1,9 µg/kg bw per il caffè e 0,6-3,4 µg/kg bw per le patatine e affini), ma gli elevati consumi di certe pietanze suggeriscono una riduzione del tenore negli alimenti e, in temporanea assenza di limiti di legge, un valore soglia pari è 1000 µg/kg. L'Industria ha adottato linee guida per minimizzare la formazione, ma anche a livello casalingo si può intervenire per controllarla:

  • evitare di far scurire ("doratura") le superfici degli alimenti cotti in forno, fritti o grigliati;
  • non superare i 175°C nelle fritture (200°C nella cottura in forno);
  • per i cibi a basso contenuto di acqua prediligere cotture a vapore (sotto il 5% di umidità aumenta fortemente la produzione di a.);
  • per le patatine fritte: far bollire le patate prima della frittura per aumentare il loro tenore di acqua; far soffriggere brevemente e abbassare la temperatura.


Francesca De Vecchi


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