Attualità

lug262016

Presenza non intenzionale di allergeni nei cibi: presto modifiche all'etichettatura

Il problema delle allergie alimentari coinvolge una percentuale rilevante di consumatori ed è uno degli ambiti verso cui tanto il legislatore europeo che le autorità nazionali hanno prestato, negli ultimi anni, una sempre crescente attenzione.
Le implicazioni in termini di tutela della salute sono notevoli e un'adeguata informazione è il principale strumento di cui dispone il consumatore per poter effettuare la propria scelta senza mettere a repentaglio la propria salute e, talvolta, anche la stessa vita.
Il legislatore europeo, nell'ambito del Regolamento (UE) 1169/2011 sull'informazione al consumatore, ha previsto, rispetto alla precedente direttiva, una tutela rafforzata, richiedendo che gli ingredienti indentificati come allergeni e previsti in un'apposita lista allegata al Regolamento stesso vengano evidenziati nell'elenco degli ingredienti. Anche nel caso della ristorazione sono state introdotte regole maggiormente rigide a tutela della corretta informazione al consumatore.
Il legislatore, inoltre, ha previsto la possibilità di indicare, a titolo volontario, la possibile presenza (non intenzionale) di allergeni, stabilendo tuttavia come tale informazione non debba essere ingannevole, non debba confondere il consumatore e debba essere basata su dati scientifici. Al fine di armonizzare tale informazione, il Regolamento, infine, ha previsto la possibilità che la Commissione europea emani un regolamento esecutivo che stabilisca regole comuni.
Nonostante le regole minime previste per le informazioni sulla presenza non intenzionale di allergeni, la recente esperienza ha registrato una proliferazione di indicazioni volte a tale scopo. Ne sono esempio formule quali "può contenere allergene X" o "può contenere tracce di allergene Y" o "prodotto in uno stabilimento che processa allergene Z". Si tratta di informazioni che nella maggioranza dei casi sono apposte su etichette di alimenti privi di allergeni e che generano nel consumatore affetto da allergie una notevole compressione della propria scelta e, di conseguenza, una frustrazione. Infatti la presenza di simili indicazioni, nella quasi totalità dei casi, si riflette in una scelta negativa dell'acquisto di un determinato prodotto. La valutazione del rischio viene in parte demandata al consumatore, che, nell'incertezza, abdica al consumo del prodotto in questione.
La problematica in questione è stata recentemente al centro di un dibattito tra la Commissione europea, gli Stati membri e le rappresentanze di consumatori e dell'industria allo scopo di identificare regole comuni per frenare la proliferazione di indicazioni sulla presenza non intenzionale di allergeni.
Finora le diverse opinioni che si sono avvicendate hanno tuttavia registrato una convergenza verso l'esigenza di emanare un regolamento esecutivo che preveda un'unica indicazione, basata su regole scientifiche e possibilmente ancorata a soglie specifiche, al di sotto delle quali non si presenta alcun rischio per la salute del consumatore e, quindi, non viene ammessa l'indicazione. Le regole comuni, inoltre, dovrebbero consentire l'utilizzo dell'indicazione in via residuale rispetto ad una corretta gestione del rischio da parte degli operatori della filiera.

Paolo Patruno


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