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feb232018

Dieta anti-infiammatoria per la prevenzione della poliposi adenomatosa familiare

Recuperare una buona qualità di vita nei pazienti con poliposi adenomatosa familiare (FAP o Adenomatosis coli o Poliposi Familiare del colon-retto) grazie a un approccio nutrizionale fortemente anti-infiammatorio? È l'obiettivo di uno studio in corso all'IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, che dai primi risultati apre a nuove prospettive. LA FAP è una sindrome caratterizzata dalla comparsa di centinaia o migliaia di adenomi nel grosso intestino. È una malattia ereditaria, di cui è stato identificato il gene responsabile. Se non trattata, progredisce invariabilmente verso lo sviluppo di uno o più carcinomi colorettali, di solito intorno ai 30-40 anni di età. «La prassi è l'intervento chirurgico di rimozione del colon, spesso in giovanissima età, per evitare che le lesioni evolvano in forme cancerose. L'intervento tuttavia, otre a compromettere la qualità della vita, non impedisce che continuino a formarsi polipi nelle porzioni di duodeno e retto rimaste», spiega la dottoressa Patrizia Pasanisi, ricercatrice specializzata in Nutrizione, Epidemiologia e Medicina preventiva all'INT, dove è in corso uno studio che mira a valutare se una dieta anti-infiammatoria sia in grado di ridurre i marcatori gastrointestinali di infiammazione, per limitare il rischio di comparsa di nuovi adenomi nel retto.
«Al paziente proponiamo una dieta che vuole ridurre gli alimenti che generano infiammazione. Aumentiamo quindi il consumo regolare di cibi con proprietà fortemente anti-infiammatorie, sfruttando la loro sinergia, per ridurre la resistenza all'insulina e i disturbi metabolici, se presenti» spiega la ricercatrice.
La dieta si basa su una ridotta introduzione di zuccheri raffinati e di lattosio. Vengono evitati alimenti che aumentano rapidamente la glicemia, come le bevande zuccherate, le farine 00, il pane bianco, le patate, i dolci, i fiocchi di mais. In sostituzione sono proposti dessert preparati con frutta, datteri, uvetta, albicocche secche, patate dolci. Inoltre vengono offerte creme di cereali integrali, noci e farine di legumi. Un'attenzione particolare è data ai pre e probiotici (ad es. fibre solubili, porri, cipolle, e alimenti fermentati) per contribuire a ripristinare l'equilibrio della flora intestinale. Pochissimi sono i formaggi stagionati concessi, ma realizzati con colture attive ed enzimi; e poi yogurt fresco, kefir, miso e miele, oltre a prebiotici, in forma di fibra solubile (contenenti beta-glucani e inulina). Di pari passo vengono ridotti gli alimenti ricchi di grassi saturi (carni rosse conservate, carni rosse, burro), ma anche alcuni alimenti di origine vegetale, come le margarine, a favore di cibi ricchi di grassi mono e polinsaturi come olio extravergine di oliva e pesce. «L'obiettivo è vedere se, inizialmente, si abbassano alcuni parametri di infiammazione e se il nuovo regime alimentare riesce a modificare la flora batterica intestinale e anche la formazione di adenomi. Questa revisione del modello alimentare globale, dai primi dati ottenuti in seguito ad interventi molti intensi, per periodi di 4 mesi, ha portato a un miglioramento sensibile della qualità della vita. Questa dieta ha permesso di riprendere a consumare cereali, che erano stati quasi completamente esclusi, con una diminuzione della frequenza delle scariche», conclude Pasanisi. Dati che comunque dovranno essere confermati dal proseguo della ricerca. 

Francesca De Vecchi


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