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mag162018

Rapporto Ibdo. Diabete e obesità in costante aumento in Italia, più al Sud per svantaggio socioeconomico

La prevalenza del diabete mellito - come quella dell'obesità, condizione strettamente associata - è in costante e accelerato aumento in Italia. È questo il dato più preoccupante che emerge dal rapporto di Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, realizzato in collaborazione con Istat, presentato di recente a Roma. Abbiamo chiesto un approfondimento a Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia dell'Istat.

Dott.ssa Crialesi, quali sono i punti salienti che emergono dal rapporto Ibdo?
Il dato più eclatante riguarda sicuramente la diffusione del diabete. Dagli ultimi dati disponibili, riferiti al 2016, si stima siano oltre 3.200.000 persone che dichiarano di essere affette da diabete (si tratta di informazioni autoriferite e non di misurazioni oggettive, pertanto il dato può risultare sottostimato rispetto alla reale dimensione del fenomeno). Da sottolineare è l'aumento consistente di questa patologia cronica: il numero dei casi in trent'anni è raddoppiato, passando dal 2,9% della popolazione degli anni '80 al 5,3% del 2016 e risulta ancor più che raddoppiato se confrontiamo questo dato con quello del 2000, rispetto al quale si conta oltre 1.000.000 di malati in più. La quota di uomini con diabete tra i 55 e i 64 anni è passata da 6,8% a 8,8%, mentre tra i 75-79enni dal 14,9% al 20,4%, per le donne fino ai 79 anni le differenze nel tempo invece sono meno rilevanti. Ovviamente il diabete è fortemente correlato all'età: nel 2016 all'età di 65 anni 1 persona su 6 è affetta da diabete e a 80 anni 1 su 4. È una patologia più frequente negli uomini, eccetto dopo gli 80 anni, anche se questo è un fenomeno relativamente recente perché negli anni '90 era più frequente nelle donne e solo negli anni 2000 si è avuto questo 'sorpasso' degli uomini. Nell'analisi per generazioni, effettuata mediante l'osservazione di pseudocoorti ricostruite sulla base di un monitoraggio del fenomeno avviato fin dagli anni '90, è emerso che le generazioni nate prima degli anni '30 hanno una prevalenza inferiore a quella delle generazioni che si sono succedute nel tempo: negli uomini questo effetto è già visibile a partire dai 60 anni, nelle donne dopo i 70 anni e le traiettorie recenti sono sempre più veloci. Dunque l'invecchiamento della popolazione sicuramente è un driver importante di questa patologia anche se non è l'unico. Ci sono molti altri fattori quali, per esempio, una migliore capacità e anticipazione diagnostica e una maggiore attenzione alla prevenzione, come dimostra il confronto tra le generazioni. Inoltre, è aumentata anche la sopravvivenza dei diabetici. Un dato molto positivo, infatti, stante l'aumento del numero dei malati nella popolazione, è che nel tempo si è ridotta la mortalità per diabete di oltre il 20% dal 2000.

Quali altri fattori possono spiegare questo incremento della prevalenza del diabete?
Tra i driver di questo aumento - oltre ai fattori già citati quali invecchiamento, anticipazione della diagnosi e maggiore attenzione alla prevenzione - si può ravvisare l'effetto dovuto a un peggioramento delle condizioni di vita. Del resto, conosciamo la forte associazione tra diabete e obesità, talmente forte che ha indotto l'Organizzazione Mondiale della Sanità a coniare il neologismo di 'diabesità'. Analizzando infatti la percentuale di pazienti obesi diabetici, si hanno valori molto più elevati rispetto al resto della popolazione: per esempio tra i 45-64 anni la percentuale di obesi diabetici maschi è pari a 29% contro il 13% di obesi nel resto della popolazione. Nelle donne le differenze sono ancora maggiori: il 32% delle donne con diabete è obesa contro il 9% del resto della popolazione. Importante segnalare in relazione alla sostenibilità futura del peso della patologia diabetica per il Ssn anche il peso allarmante dell'obesità infantile, in quanto più di 1 ragazzo su 4 risulta obeso o in sovrappeso e nel Sud queste percentuali sono molto più elevate (specie in Campania, Molise, Puglia, Basilicata e Sicilia) e questo è preoccupante perché un ragazzo obeso sarà probabilmente un adulto obeso con un rischio molto elevato di diventare diabetico. Va detto poi che il diabete è una patologia che colpisce prevalentemente categorie sociali svantaggiate: le persone che si trovano in peggiori condizioni economiche hanno probabilità maggiore del 20% di essere poi affette da diabete, al netto di altre variabili come l'età. Del resto anche sovrappeso e obesità affliggono principalmente le classi a più basso reddito e minore accesso alle cure e quindi l'obesità riflette e si accompagna a disuguaglianze sociali, instaurando un vero e proprio circolo vizioso. Valutando l'effetto netto di queste variabili sociali a parità di altre condizioni, utilizzando metodi di analisi stilistica multivariata, abbiamo trovato conferma che un basso livello socioeconomico è spesso associato a stili di vita non salutari e abbiamo inoltre verificato che il rischio di essere una persona diabetica raddoppia tra gli adulti che hanno al massimo la licenza media rispetto ai laureati. Rilevante è poi il peso delle differenze territoriali: chi risiede nel mezzogiorno ha una probabilità di essere diabetico superiore di 1,5 volte rispetto al cittadino residente nelle regioni del Nord. Considerando nel modello anche l'obesità, a parità di altre condizioni, addirittura triplica il rischio di ammalarsi di diabete. Lo svantaggio socioecomico è confermato anche dallo studio delle differenze di mortalità per diabete a seconda del titolo di studio: nella popolazione adulta tra 25-89 anni i tassi di mortalità per diabete delle persone con un basso titolo di studio sono di 1,7 volte superiori rispetto a quelli dei laureati e addirittura 3 volte superiori, limitandosi alla fascia di età tra i 25-64 anni. Il differenziale socioeconomico è ancora più elevato nelle donne. Le disuguaglianze per titolo di studio hanno dimensioni simili in tutte le regioni d'Italia, ma risulta anche che i laureati nelle regioni del mezzogiorno hanno un rischio di mortalità 1,5 volte maggiore rispetto alla media della popolazione italiana, al pari dei diplomati e di coloro senza titolo di studio. Questo significa che, oltre alla condizione socioeconomica, anche il territorio di residenza è determinante nella mortalità per diabete. Si può dire che i fattori socioeconomici spiegano molto della diffusione della patologia diabetica nel nostro Paese.

Ci sono Regioni che si distinguono in modo particolare rispetto alla media nazionale?
Purtroppo sì, con dislivelli molto alti tra Nord e Sud che vede il mezzogiorno penalizzato sia rispetto alla prevalenza della patologia sia rispetto alla mortalità. Spiccano in particolare la Calabria e la Basilicata per i maschi, ma anche il Lazio, con una prevalenza di oltre il 6% nella popolazione. A questo fanno da contraltare invece alcune regioni del Nord, in particolare la Provincia autonoma di Trento dove la prevalenza del diabete è di appena il 3%, ma anche la Liguria e le Marche hanno prevalenze molto basse rispetto alla media nazionale (del 5,3%). Questa geografia si riflette grosso modo anche nella mortalità e anche nella popolazione anziana. Le importanti differenze tra regioni del Nord e del Sud sono legate a diversi fattori tra cui un ruolo preponderante è attribuibile alla diffusione di quei fattori di svantaggio sociale a loro volta fortemente associati al diabete e all'obesità, quindi le Regioni con basso reddito, disoccupazione elevata, titoli di studio e livelli di istruzione più bassi presentano casi di prevalenza più elevati e questo svantaggio sociale costituisce un combinato disposto con il territorio per cui una persona con basso titolo di studio residente al Sud risulta ancora più svantaggiata rispetto all'analogo del Nord.

Quali previsioni si possono fare per gli anni a venire? E come si può arginare il fenomeno?
Dall'analisi presentata nel rapporto emerge che sono aumentati sia il numero di malati che la prevalenza, solo in parte a causa dell'invecchiamento della popolazione. Tuttavia se volessimo proiettare le attuali prevalenze stimate al 2016 alle previsioni di popolazione al 2030, secondo uno scenario dinamico, avremmo entro il 2030 un ulteriore incremento di circa 1.000.000 di altri malati. Inoltre, proiettando i tassi di obesità sullo scenario dell'invecchiamento al 2030, anche in questo caso arriveremmo a stimare un altro milione di soggetti obesi. Particolarmente rilevanti, oltre l'invecchiamento, sono le disuguaglianze sociali: abbiamo visto che vi sono gruppi di popolazioni più svantaggiati nel mezzogiorno (meno istruite, meno abbienti, obesi e sedentarie). Quindi se non si interviene su questi fattori di rischio ci troveremo a confrontarci in futuro con un problema di dimensioni enormi. È dunque una sfida importante per la sostenibilità futura del Ssn. Occorre agire con politiche di contrasto alle disuguaglianze socio economiche, combattere l'insorgenza della malattia con la prevenzione primaria promuovendo stili di vita salutari in tutto l'arco della vita e, soprattutto, garantire un'efficace presa in carico del soggetto diabetico.

Fonte: Doctor33.it


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