Attualità

ott182018

Lipedema: patologia sconosciuta

Una categoria di pazienti misconosciuta e che non ha un percorso clinico assistenziale in Italia, con un ritardo diagnostico che può arrivare fino a 20 anni. È questa la fotografia del paziente affetto da lipedema, paziente che molto spesso si rivolge allo specialista della nutrizione per un problema di sovrappeso o obesità, ma che nella maggior parte dei casi non ha un beneficio dal trattamento nutrizionale. Nutrizione33 ha cercato di saperne di più intervistando Valeria Giordano, presidente di Lipedema Italia, l'unica associazione nazionale sul territorio per l'assistenza esclusiva ai pazienti affetti da questa patologia.

"Le caratteristiche del paziente affetto da lipedema sono peculiari e spesso disorientanti per chi si occupa di nutrizione: una composizione corporea assolutamente alterata, un metabolismo basale estremamente basso, con un BMI sfalsato e un'adiposità dolorosa, ma poiché chi si rivolge a questo professionista lo fa con la richiesta esplicita del dimagrimento il risultato è una dieta ipocalorica classica e indicazioni al movimento. Da qui due strade possibili per il paziente: perdita di peso, non senza grandi fatiche, che porta a un'accentuarsi della sproporzione tra le diverse parti del corpo, oppure enorme frustrazione di un paziente che non vede risultati e oscilla tra grandi sensi di colpa per qualunque minimo sgarro, a vero e proprio sviluppo di un rapporto conflittuale con il cibo. Oltre che di sfiducia nei confronti del professionista che non è stato in grado di aiutare. Queste le esperienze riportate dalle pazienti. Ecco quindi uno degli obiettivi per cui è nata Lipedema Italia: aiutare a creare in Italia un percorso clinico-assistenziale integrato, che non escluda nessuna terapia di cui una paziente (gli uomini affetti sono pochi, ma ci sono) possa beneficiare, facendo cultura sul paziente, ma soprattutto formando gli specialisti che incontrano queste donne al riconoscere la patologia e trattarla in modo adeguato, sia dal punto di vista dell'edema sia dell'adipe. Una premessa importante da fare è che i meccanismi fisiopatologici alla base sono in gran parte ancora poco chiari e di conseguenza anche gli stessi approcci terapeutici. Da un punto di vista nutrizionale gli approcci più promettenti arrivano dai protocolli chetogeni higt fat utilizzati con successo negli Stati Uniti, davvero poco conosciuti in Italia, ma interessanti sono anche gli approcci antinfiammatori poiché la componente infiammatoria è decisamente importante nella patologia. In Italia seguiamo con interesse i lavori del Dipartimento di nutrizione umana di Tor Vergata di Roma diretto dal professor De Lorenzo: esiste infatti un progetto di ricerca che fa capo alla professoressa Laura Di Renzo e che vede coinvolti numerosi esperti di questa patologia, come il professor Sandro Michelini, Presidente della Società Europea di Linfologia. Da un punto di vista clinico stiamo invece lavorando per fornire strumenti di formazione adeguati ai professionisti e dare indicazioni pratiche ai pazienti. Noi siamo molto giovani in Italia, ma abbiamo fatto tesoro dell'esperienza di associazioni nazionali più longeve Lipedema UK, con all'attivo diverse pubblicazioni e attività educative importanti, e delle conoscenze che arrivano dal team di Catherine Seo di LipedemaProject, foriero di pubblicazioni di livello sull'argomento. L'associazione fa riferimento anche alle attività di ricerca e promozione della fat disorders research society che organizza annualmente il convegno statunitense con le maggiori personalità scientifiche mondiali delle patologie rad (rare adipose disorders). E tra questi non posso che citare la dottoressa Karen Luoise Herbst, specialista dei disordini del tessuto adiposo all'Università dell'Arizona. In questo caso il ruolo di Lipedema Italia è quello di porsi come mediatore linguistico in prima battuta e di rendere comprensibili ai pazienti i messaggi chiave che ci arrivano dal mondo scientifico, ma ovviamente non è l'unico. L'obiettivo è quello di definire standard di qualità nell'ambito del trattamento, a ovvio vantaggio del paziente e per questo promuoviamo sia l'attività di ricerca sia l'assistenza, sia sociale che sanitaria. E in prima battuta vogliamo usare tutti i mezzi di comunicazione attuali per entrare in contatto chi ne soffre."

Silvia Ambrogio

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