Clinica

lug122016

Vitamina D e sclerosi multipla

La sclerosi multipla (Sm) è una malattia debilitante del sistema nervoso centrale, caratterizzata da episodi periodici di infiammazione, demielinizzazione e progressivi deficit neurologici. (1) Il rischio di Sm sembra essere più alto tra gli individui con basso intake di vitamina D, o bassi livelli di 25-idrossi-vitamina D circolante (<50,0 nmol/L), suggerendo come questa vitamina possa in qualche maniera contribuire alla progressione della Sm. (2,3) Recentemente, uno studio prospettico di coorte (4) ha valutato i livelli sierici di 25-idrossi-vitamina D, il conseguente decorso clinico e la progressione della malattia, prendendo in considerazione pazienti già arruolati in uno studio precedente, il Beyond (Betaferon Efficacy Yielding Outcomes of a New Dose), un grande trial clinico, di fase 3, prospettivo, multicentrico e randomizzato (5). 1482 partecipanti, che ricevevano dosi di 250 μg or 500 μg di interferone β, sono stati monitorati per almeno 2 anni, tra Novembre 2003 e Giugno 2005, con visite cliniche programmate ogni 3 mesi e risonanze magnetiche effettuate all'inizio dello studio e successivamente ogni anno. I risultati hanno dimostrato come nel complesso i livelli di 25-idrossi-vitamina D circolante fossero inversamente correlati al numero di nuove lesioni individuate tra la prima e l'ultima risonanza magnetica; in particolare un aumento di 50,0 nmol/L di 25-idrossi-vitamina D sierica era associato ad una riduzione del 31% del tasso di insorgenza di nuove lesioni (rischio relativo pari a 0,69; P = 0.001). Inoltre, un tasso ancora più basso di insorgenza di nuove lesioni è stato osservato tra i pazienti con livelli di 25-idrossi-vitamina D superiori a 100 nmol/L (rischio relativo pari a 0.53; P = 0.002). Nessuna associazione significativa è stata invece riscontrata tra la concentrazione sierica di 25-idrossi-vitamina D e la variazione del volume del cervello, o i tassi di recidiva. Questi risultati potrebbero essere spiegati considerando il ruolo immunomodulatore esercitato dalla vitamina D, anche se, come gli stessi autori concludono, lo studio presenta alcune limitazioni come la brevità del follow-up (meno di 2 anni), che potrebbe spiegare la mancanza di associazione tra vitamina D e atrofia celebrale, o il fatto che i pazienti fossero in fasi diverse della malattia e ricevessero tutti interferone β (i risultati ottenuti potrebbero non essere generalizzabili ai pazienti che ricevono altri tipi di farmaci).

Riferimenti bibliografici:
1. Rudick RA,Miller D, Hass S, et al; AFFIRM and SENTINEL Investigators. Health-related quality of life in multiple sclerosis: effects of natalizumab. Ann Neurol. 2007;62(4):335-346.
2. Banwell B, Bar-Or A, Arnold DL, et al. Clinical, environmental, and genetic determinants of multiple sclerosis in childrenwith acute demyelination: a prospective national cohort study. Lancet Neurol. 2011;10(5):436-445.
3. Ascherio A, Munger KL, White R, et al. Vitamin D as an early predictor of multiple sclerosis activity and progression. JAMA Neurol. 2014;71(3):306-314.
4. Fitzgerald KC, Munger KL,  Köchert K, et al. Association of vitamin D levels with multiple sclerosis activity and progression in patients receiving interferon Beta-1b. JAMA Neurol. 2015;72(12):1458-1465.
5. O'Connor P, Filippi M, Arnason B, et al; BEYOND Study Group. 250 μg or 500 μg Interferon beta-1b versus 20mg glatiramer acetate in relapsing-remitting multiple sclerosis: a prospective, randomised, multicentre study. Lancet Neurol. 2009;8(10):889-897.


Maurizio Battino e Francesca Giampieri

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