Clinica

mag212018

Fattori dietetici e IBS: le novità da Bologna

Durante gli IBS Days tenutisi la scorsa settimana a Bologna ampio spazio è stato dedicato ai fattori dietetici, protagonisti di alcune specifiche relazioni, ma citati e presi in esame pressoché da tutti i relatori. Vi è una crescente evidenza che molte malattie infiammatorie croniche che nei paesi industrializzati negli ultimi 3-4 decenni coinvolgono milioni di individui sono caratterizzate da un cambiamento nella composizione del microbioma e se si conferma come la modalità di somministrazione, i regimi di alimentazione neonatale, l'uso di antibiotici, le infezioni possono influenzare la sua composizione, la dieta appare oggi di gran lunga la variabile più importante che colpisce l'ecosistema dell'intestino. Pertanto, il ripristino del microbiota intestinale attraverso la manipolazione alimentare sta diventando un'area di ricerca estremamente attiva per la prevenzione o il trattamento di una moltitudine di questi disturbi ed esempio clinico di questo nuovo paradigma è la sensibilità al glutine non celiaca.
Più volte menzionata è stata la LowFODMAP Diet, dieta di esclusione che tenta di collegare i sintomi dell'IBS e interessanti le osservazioni fatte: i piccoli componenti osmoticamente attivi hanno dimostrato di causare considerevoli afflussi di acqua nell'intestino tenue e successivamente nel colon ascendente, mentre polimeri più lunghi, come l'inulina, causano piccoli disturbi osmotici nell'intestino tenue, ma vengono rilasciati intatti nel colon dove vengono fermentati producendo spesso grandi volumi di gas. Il colon normale può adattarsi a questo senza sintomi mentre i pazienti con IBS manifestano gonfiore e distensione nonostante quantità simili di gas. Lavorare con il lattosio in soggetti con ipolattasia acquisita negli adulti mostra che l'ingestione di lattosio aumenta la sensibilità viscerale possibilmente distendendo l'intestino. Due i punti aperti: l'impatto di queste diete include sì un calo sostanziale della produzione di gas, ma anche un calo del microbiota totale e la precisa modalità di azione non è chiara, e predire chi risponderà è difficile, anche se nei bambini alcuni dati mostrano risposte migliori in chi ha un microbiota arricchito da specie con maggiore capacità saccarolitica e livelli fecali più elevati di enzimi che distruggono l'amido di frumento. Revisioni sistematiche della letteratura e meta-analisi indicano che i probiotici, come classe, hanno un piccolo ma significativo effetto terapeutico sui sintomi dell'IBS, ma la qualità delle prove e le dimensioni dei campioni rimane subottimale: la grande varietà di specie, ceppi e dosi di probiotici testati in studi clinici rendono difficile fornire consigli generalizzabili sulla strategia probiotica ottimale. Una recente revisione sistematica basata sul consenso di Delphi indica che specifici probiotici aiutano a ridurre i sintomi generali e il dolore addominale in alcuni pazienti e anche le linee guida dell'Organizzazione mondiale sulla gastroenterologia suggeriscono che alcuni ceppi probiotici possono migliorare il dolore con una riduzione consistente del gonfiore addominale e della flatulenza nei pazienti con IBS. Da seguire con attenzione i risultati che porteranno escherichia coli Nissle 1917 sulle alterazioni di permeabilità, poiché questo ceppo ha dato prova di rinforzare l'integrità del monostrato epiteliale, e Lactobacillus paracasei CNCM I-1572 attraverso la modulazione del microbiota intestinale, le sue vie metaboliche e le citochine proinfiammatorie. Tutti concordi però: sono necessari molti ulteriori studi clinici randomizzati di buona qualità per valutare il ruolo dei probiotici nella gestione dei pazienti con IBS.

Silvia Ambrogio


DALLE AZIENDE