Scienza

gen302018

Consumo di magnesio e mortalità per malattie epatiche: lo studio Nhanes III

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è una delle malattie del fegato più comuni al mondo, caratterizzata da una condizione di steatosi che può evolvere in steatoepatite, fibrosi, cirrosi, insufficienza epatica e cancro.[1,2] A differenza dell' epatite alcolica e delle infezioni virali, le cause della NAFLD non sono ancora conosciute, ma sembra accertato che concorrano molteplici fattori come l' infiammazione e la resistenza all'insulina, che svolgono un ruolo fondamentale nella sua progressione.[3-5] Ad oggi, non esiste un trattamento farmacologico efficace e l'unico modo che abbiamo per prevenirla è adottare uno stile di vita sano, caratterizzato da un'alimentazione corretta e bilanciata e da una regolare attività fisica.  
Una caratteristica che accomuna tutte le persone affette dalla NAFLD è un elevato rischio di carenza di magnesio, che a sua volta può portare ad uno stato di infiammazione cronica e di resistenza all'insulina, creando così un circolo vizioso. In questo contesto, un recente studio ha valutato l'associazione tra il consumo di magnesio e il rischio di mortalità per malattie epatiche, analizzando i diari alimentari delle 24 ore e le ecografie epatiche di circa 13.500 soggetti arruolati nello studio NHANES III (Third National Health and Nutrition Examination Study), condotto negli Stati Uniti dal 1988 al 1994.[6] Gli individui affetti da steatosi epatica erano prevalentemente uomini, anziani, obesi, ex fumatori e ex bevitori di alcolici, con un livello di istruzione e un reddito annuale familiare inferiori rispetto ai soggetti sani. L'analisi dei diari alimentari ha anche dimostrato che non esisteva nessuna differenza significativa nel consumo giornaliero di calorie, di magnesio e di calcio tra gli individui presi in esame. Inoltre, i risultati hanno evidenziato che il consumo di magnesio era associato ad una diminuzione di mortalità per malattie epatiche, con una riduzione del rischio del 49% per ogni 100 mg di magnesio consumati; tale associazione era più forte ed evidente nei soggetti che avevano steatosi epatica o che consumavano l'alcool frequentemente. Perciò, è plausibile che un consumo adeguato di magnesio, correlato al miglioramento della sensibilità insulinica e dell'infiammazione, possa prevenire o rallentare lo sviluppo e la progressione della steatosi e della steatoepatite, e, a sua volta, ridurre il rischio di mortalità a causa di malattie epatiche. Tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche per confermare questa benefica associazione.

Bibliografia:
1) Lazo, M. et al. Prevalence of nonalcoholic fatty liver disease in the United States: the Third National Health and Nutrition Examination Survey, 1988-1994. Am. J. Epidemiol. 178, 38-45 (2013).
2) Matteoni, C.A. et al. Nonalcoholic fatty liver disease: a spectrum of clinical and pathological severity. Gastroenterology 116, 1413-1419 (1999).
3) Harmon, R.C., et al. Inflammation in nonalcoholic steatohepatitis. Expert Rev. Gastroenterol. Hepatol. 5, 189-200 (2011).
4) Pagano, G. et al. Nonalcoholic steatohepatitis, insulin resistance, and metabolic syndrome: further evidence for an etiologic association. Hepatol. Baltim. Md 35, 367-372 (2002).
5) Marchesini, G. et al. Association of nonalcoholic fatty liver disease with insulin resistance. Am. J. Med. 107, 450-455 (1999).
6) Wu L. et al. Magnesium intake and mortality due to liver diseases: Results from the Third National Health and Nutrition Examination Survey Cohort. Scientific Reports 7, 17913, 2017, doi:10.1038/s41598-017-18076-5.

Maurizio Battino
Francesca Giampieri


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