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mar22016

Latte bovino e carni di origine biologica: meglio del convenzionale ma si attendono conferme

Sono stati appena pubblicati sul British Journal of Nutrition due articoli che hanno riassunto un ampio lavoro di revisione sulle proprietà nutrizionali di latte bovino e carni (bovine, ovine, suine e pollami) biologici. Il consumo di prodotti biologici è alimentato dalla convinzione dei consumatori della loro superiorità rispetto i prodotti convenzionali, sia dal punto di vista nutrizionale sia sotto l'aspetto tossicologico (in quanto non contengono residui di pesticidi e fertilizzanti).
Gli studi in questione hanno evidenziato in entrambi i casi un profilo migliore per alcuni nutrienti importanti, mettendo in luce gli aspetti positivi dei prodotti biologici di origine animale, ma aprendo anche a considerazioni più ampie sulla necessità di un approfondimento. Il latte biologico, rispetto a quello convenzionale, sembra avere una composizione maggiore in acidi grassi polinsaturi (Pufa) e n-3 Pufa rispettivamente del 7% e del 56%. Poiché non ci sono differenze significative nelle concentrazioni totali di n-6 Pufa e acido linoleico (La), i rapporti n-6:n-3 e La-Ala (acido α-linolenico) sono più bassi nel latte biologico di circa il 71% e 93% rispettivamente. È maggiore anche la concentrazione di α-tocoferolo e ferro, ma sono minori quelle di iodio e selenio, di cui il latte è una delle maggiori fonti alimentari. Nel complesso dunque il profilo lipidico è più favorevole nel latte biologico (non il contenuto totale di lipidi però), ma la carenza di minerali importanti può rappresentare un punto a sfavore.
Per quanto riguarda le carni biologiche, le maggiori differenze sono risultate a carico del contenuto di Pufa totali e n-3 Pufa, stimati del 23% e 47% maggiori. Per questi e altri parametri tuttavia è stata rilevata una certa eterogeneità, probabilmente non dovuta alle differenza fra specie di animali e tipologie di carne ma al tipo di allevamento (per esempio, in funzione delle condizioni pedo-climatiche alcuni animali potrebbero rimanere al pascolo per un tempo maggiore di quello minimo, uguale per tutti, imposto dai disciplinari della certificazione).
Le conclusioni sono certamente positive, secondo i ricercatori, ma rimangono ancora da chiarire alcune questioni: l'importanza del tipo di allevamento (quanto incida la razza o il tipo di alimentazione) e il reale beneficio di questi alimenti sulla dieta complessiva. Sono perciò necessari studi di intervento ad hoc, anche in considerazione del fatto che i maggiori contenuti di Pufa, per il latte per esempio, si riflettono per pochi punti percentuali (1,5%) sugli apporti totali di Pufa della dieta.

Francesca De Vecchi

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