Attualità

giu12016

L'uso indiscriminato di antibiotici negli allevamenti favorisce lo sviluppo di batteri resistenti alle cure

Il rapporto dell'Efsa e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), del febbraio 2016, ha denunciato il problema della crescente antibiotico-resistenza in batteri patogeni per l'uomo. L'uso di alcuni farmaci veterinari per la cura delle malattie degli animali da allevamento per la produzione di carne e di derivati, è una delle principali cause. Il fenomeno, presente in tutta Europa, riflette i consumi totali di antibiotici: è maggiore in Europa meridionale e orientale e minore nei Paesi del nord dove l'impiego di farmaci è inferiore.
Ogni anno le infezioni resistenti a farmaci specifici (alcuni di quelli usati per l'uomo si usano per curare le infezioni negli animali) sono responsabili del decesso di 25.000 pazienti, tanto che la UE ha emesso delle linee guida con indicazioni sull'impiego di queste sostanze negli allevamenti, per evitare l'insorgere di resistenza e il propagarsi di batteri resistenti. 
In Europa i trattamenti preventivi sono vietati, anche se antibiotici vengono somministrati ad animali sani che hanno avuto contatti con quelli malati e devono essere osservati tempi di sospensioni definiti, per lo smaltimento del farmaco nell'organismo. Secondo i dati dei controlli ufficiali di residui negli alimenti (Piano nazionale Residui, relazione anno 2014) la situazione negli allevamenti e nei prodotti derivati, in Italia, sarebbe sotto controllo. Solo lo 0,11% di tutti campioni analizzati è risultato irregolare; di questi il 34% risultavano non conformi per la presenza di sostanze antibatteriche, comprese sulfamidici (47%), chinolonici (13%), macrolidi 13% e tetracicline (20%). Gli alimenti di origine animale sono dunque una fonte di esposizione alle molecole farmacologiche, che possono residuare in seguito ai trattamenti, spesso necessari date le condizioni di stress a cui gli animali sono esposti negli allevamenti intensivi e che li rendono facilmente soggetti a malattie.
Al di là dei numeri rassicuranti tuttavia, il problema rimane l'insorgenza di resistenza a carico di batteri patogeni, dato da un uso indiscriminato di farmaci, trattamenti collettivi, dosi inefficaci o per tempi non adeguati, come denunciano le Autorità sanitarie stesse.
Negli allevamenti biologici invece la somministrazione è regolamentata da una legislazione europea restrittiva. Inoltre, le migliori condizioni di vita degli animali preservano maggiormente i capi dallo sviluppo di malattie e dal contagio e quindi dalla somministrazione di farmaci che, tuttavia, per evitare sofferenze agli animali non è vietata: gli antibiotici infatti "possono essere utilizzati ove risultino inappropriati i prodotti omeopatici, fitoterapici e altri prodotti".

Francesca De Vecchi

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