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mar162017

Attenzione all'anidride solforosa, additivo la cui presenza va segnalata in etichetta

Si sono riaccesi i riflettori sull'anidride solforosa (SO2) in occasione della definizione dei limiti massimi di utilizzo nella produzione di vini biologici. Antimicrobici e antiossidanti, l'anidride solforosa E220 e i suoi sali sono una categoria di sostanze utilizzate per i loro effetti conservanti, che proteggono il prodotto dal deterioramento, inibendo lo sviluppo di muffe, di batteri e dei processi di imbrunimento enzimatico.
SO2 però, a dosi elevate può causare una serie di disturbi, il più noto dei quali è il mal di testa, che rendono necessario regolamentarne le dosi di impiego.
L'utilizzo più rinomato è quello che fin dai tempi antichi caratterizza la produzione di vino, per il trattamento dei mosti e dell'uva, ma l'aggiunta di SO2 è autorizzata anche in succhi di frutta, aceto, birra e bevande analcoliche, marmellate, gelatine di frutta, prodotti a base di patate, dolci, frutta e verdura essiccate, senape e altri comuni condimenti. Tornando al vino, nonostante il miglioramento delle tecniche enologiche, l'uso di una certa quantità di SO2 è ancora stimata necessaria. In alcune condizioni di produzione si riesce a raggiungere un netto abbattimento dei quantitativi usati, laddove per esempio le condizioni climatiche e del territorio danno uve particolarmente zuccherine, mentre uve "meno dolci" necessitano di quantitativi sensibilmente più alti per controllare il deterioramento. L'ossigenazione del vino però, prima del consumo (anche facendolo roteare nel bicchiere) può fare perdere fino al 30% della SO2 presente in forma libera.
Nonostante in basse quantità i solfiti siano ossidati a solfati non tossici, SO2 e i suoi derivati, legandosi alle proteine nell'organismo, possono alterare il metabolismo: sono elevate infatti sia la tossicità acuta sia quella cronica. I quantitativi di utilizzo, diversi in funzione della categoria di prodotto, sono quindi fissati per legge. Lo sono anche i limiti di residuo, pari a 10 mg/kg (o 10 mg/l), superati i quali deve essere dichiarata in etichetta la presenza come allergene con la dicitura "contiene solfiti". Nei vini biologici il limite di utilizzo di SO2 è inferiore, rispetto a quelli convenzionali; sebbene si trovino vini anche senza solfiti aggiunti, rari sono quelli che riportano la dicitura "senza solfiti", perché vi è una produzione endogena dei lieviti che non permette di abbattere mai del tutto la presenza di questi composti, come spiega Roberto Pinton, segretario di Assobio, con una lettera pubblicata da Il Fatto Alimentare, che fa il punto sugli sviluppi legislativi in merito alla definizione dei limiti di solfiti nel vino biologico nella UE.

Francesca De Vecchi

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