Clinica

nov302017

L'intervento dietetico nel trattamento delle MICI punta al microbiota

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono patologie per le quali ancora non è nota un'unica causa certa. Si instaura un'importante squilibrio immunologico a causa di un'alterata interazione tra fattori genetici propri dell'individuo e vari fattori ambientali, tra i quali assume un ruolo fondamentale proprio l'alimentazione. Anche il microbiota sembra essere indispensabile per mantenere l'equilibrio dei processi immunomodulatori e anti-infiammatori, tipici delle malattie autoimmuni. In generale, più studi considerano patogenetica la dieta occidentale ad alto contenuto di grassi e carboidrati, fattori che, determinando dei cambiamenti significativi nella struttura del microbiota intestinale (disbiosi), contribuiscono a scatenare e a perpetrare le condizioni che portano alla patologia autoimmune. Il microbiota rappresenta, quindi, un obiettivo importante per un potenziale intervento dietetico. Tuttavia, lo scopo principale del trattamento alimentare per tali patologie risulta essere il raggiungimento di un apporto nutrizionale adeguato ai fabbisogni del paziente stesso. La prevalenza della malnutrizione associata alle MICI (23-85%) (più frequente nel MDC dell'ileo) è conseguenza di inadeguata alimentazione (dolori, nausea, inappetenza), di malassorbimento (estensione della malattia, chirurgia, deficit sali biliari), di aumentate perdite intestinali (diarrea, sanguinamento, fistole). Per l'elaborazione di un programma terapeutico dietetico bisogna, soprattutto, valutare lo stato di malattia del paziente. La maggior parte dei soggetti in fase di quiescenza presenta un metabolismo basale e un dispendio energetico quotidiano totale sovrapponibile a quello di soggetti sani. Le necessità metaboliche aumentano in presenza di complicanze (febbre, fistole o lesioni alla mucosa): fino al 50% in più del fabbisogno energetico quotidiano. Anche il fabbisogno proteico risulta aumentato: l'infiammazione porta a un danno proteico e un bilancio di azoto negativo. Si hanno, inoltre, consistenti perdite di Na, Cl, Ca, Mg e di ferro emoglobinico. Deficit nutrizionali si osservano in caso di disfunzione dell'ileo terminale (malato o resecato), che determina un malassorbimento di vit. B12 e sali biliari, con il conseguente deficit di assorbimento di grassi e vitamine A, D, E, K. La perdita dei grassi e vit. D porta al malassorbimento di Ca. In fase acuta di malattia sarà necessario ridurre il volume dei pasti, aumentare l'apporto idrico, garantire il giusto apporto di proteine e carboidrati, mantenere l'apporto di fibra solubile e abolire quella insolubile, abolire l'apporto di latte e derivati. Eventuale integrazione di vitamine e sali minerali. Nelle fasi severe di malattia (stenosi organiche, fistole, resezioni multiple), invece, è consigliabile tenere a riposo l'intestino ricorrendo alla nutrizione parenterale e appena le condizioni dell'intestino lo permettono a quella enterale. In assenza di sintomi, infine, la base dell'alimentazione deve essere quella rappresentata dal modello Mediterraneo.

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Daniela De Nitto


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