Attualità

lug132015

Campylobacteriosi: la zoonosi più diffusa

Forse è la meno nominata tra le zoonosi ma è di certo la più diffusa: la campylobacteriosi (c.) ha un tasso di incidenza molto alto con più di 200 mila casi registrati in Ue, ma si crede che ogni anno possano essere contagiati fino a 9 milioni di europei. Secondo l'ultimo report di Efsa del gennaio 2015, rimane la malattia di origine alimentare più diffusa nell'Ue, superiore a salmonellosi e listeriosi.
Causata dal batterio Gram negativo Campylobacter per lo più della specie C. jejuni e C. coli, meno frequentemente dalle specie C. lari, C. fetus e C. upsaliensis, provoca diarrea, dolori addominali, febbre, mal di testa, nausea e vomito. Poiché tali sintomi sono molto comuni ad altre patologie intestinali, la conferma del contagio può essere data solo in seguito ad analisi microbiologiche dei campioni clinici. Solo nell'1% dei casi e in particolare nei soggetti più a rischio di complicanze, come anziani, immunodepressi e bambini, può dar luogo a meningiti, endocarditi e aborti settici.
Il contagio diretto fra esseri umani comunque è piuttosto raro. Sebbene il batterio sia stato rilevato in acqua, latte crudo e altri alimenti a rischio se consumati crudi, per esempio i molluschi bivalvi, il principale veicolo alimentare di Campylobacter è la carne di pollo, che si può contaminare durante le fasi di macellazione per contatto con materiale intestinale. Fra le altre carni, quelle di maiale e dei ruminanti in genere sono ritenute a basso rischio, ma le frattaglie crude possono comunque trasmettere l'infezione.
La cottura (l'alta temperatura) rende un alimento sicuro, ma, soprattutto a livello casalingo, per evitare il diffondersi del batterio è importante che si osservino regole fondamentali: lavarsi con sapone le mani dopo aver manipolato la carne di pollo; lavare coltelli, taglieri prima di riutilizzarli, soprattutto per preparare alimenti da consumare crudi (ortaggi e verdure); in ultimo, molto importante, verificare che la carne sia ben cotta anche all'interno. In Gran Bretagna, dove un'indagine aveva rilevato che fino al 70% del pollo venduto al supermercato era infetto, la Food standard agency, oltre a sensibilizzare i produttori a migliorare le pratiche di allevamento e lavorazione, ha anche raccomandato ai consumatori di non lavare il pollo intero prima della cottura per evitare che gli schizzi d'acqua diffondano l'infezione agli oggetti e all'ambiente circostante.

Francesca De Vecchi

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