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giu122018

III congresso SINuC: malnutrizione e infiammazione i temi caldi

Conclusosi il 3° Congresso Nazionale della Società Italiana di Nutrizione Clinica SINuC a Torino si possono tirare due conclusioni: la mancata applicazione di interventi di nutrizione in pazienti critici, anziani, ospedalizzati o fragili dovrebbe essere considerata una cattiva pratica clinica e l'infiammazione cronica, lieve è invisibile ma devastante.
Nonostante numerosi studi epidemiologici dimostrino che la malnutrizione è un elemento presente in maniera trasversale, gli interventi per colmare le carenze nutritive di peso e di massa muscolare sono ancora ampiamente neglette e si dovrebbe considerare la malnutrizione una vera e propria malattia da trattare con terapie nutrizionali personalizzate" sottolinea Maurizio Muscaritoli, Presidente SINuC. Si tratta di una condizione che determina conseguenze rapide durante un digiuno totale vengono persi circa 12-18 gr di proteine al giorno, mentre durante una infezione il consumo aumenta a 90 grammi al giorno e se il soggetto ha subito un trauma o ha una sepsi severa la perdita di proteine può raggiungere i 130 grammi. "Solo in Piemonte i presidi sono 424 pari a oltre 31mila posti letto" spiega la dottoressa Maria Luisa Amerio, Componente del comitato tecnico per la dietetica e nutrizione del Ministero della Salute e già Direttore struttura Dietetica e Nutrizione Clinica Ospedale cardinal Massaia Asti, "e nonostante già dagli anni 90 la cura della malnutrizione sia stata inserita come intervento strategico nelle cure domiciliari e geriatriche, ancora molto resta da fare. In un progetto iniziato nel 2007 che ha preso in esame 15 residenze e 1394 pazienti, è stata riscontrata una prevalenza di malnutrizione del 35% e un rischio del 52%. E nonostante 958 soggetti avessero bisogno di un intervento nutrizionale, il 50% non ne riceveva alcuno". "Se guardiamo alla malnutrizione come ad una vera e propria malattia con effetti che agiscono non solo sul quadro clinico del paziente ma anche sulla sua qualità di vita" continua Muscaritoli "dobbiamo riconoscere che all'interno delle RSA i servizi di ristorazione non sono tenuti in debita considerazione: i menu sono spesso ripetitivi, i cibi poco appetibili, gli orari rigidi, la qualità delle materie prime predilige talvolta la convenienza economica a scapito della qualità". A questo si aggiunge l'eccessiva proposta di piatti freddi, i pasti serali troppo precoci per ragioni organizzative a discapito delle esigenze degli ospiti, la mancata assistenza al pasto ecc. Eppure una maggiore attenzione a questi aspetti avrebbe effetti virtuosi: minor rischio di infezioni, mantenimento della massa muscolare e quindi forza per camminare con mantenimento dell'autonomia, minori problemi cognitivi, depressione e apatia, minore rischio di cadute". E la strada da percorrere sembra ancora molto lunga, così come quella da percorrere per ideare possibili interventi antinfiammatori specifici, anche perché in presenza di una infiammazione, l'organismo produce citochine che hanno effetti importanti sul metabolismo: aumenta il dispendio energetico a riposo, i muscoli vengono distrutti, aumenta la resistenza all'insulina. "La risposta infiammatoria può essere modulata attraverso vari meccanismi, compresi la dieta e l'utilizzo di specifici nutrienti - ricorda Alessandro Laviano, Professore Associato di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina Clinica, Università Sapienza di Roma - è per questo che l'infiammazione rappresenta uno dei principali bersagli terapeutici della nutrizione clinica, intesa come disciplina che studia il rapporto tra dieta, alimenti e nutrienti, da una parte, e patologie dall'altro. Un chiaro esempio del contributo della nutrizione clinica è dato da alcune recenti evidenze cliniche che dimostrano come la dieta di tipo occidentale o continentale stimoli di fatto un continuo stato di infiammazione che, a sua volta, predispone allo sviluppo di patologie cronico-degenerative1. Al contrario, l'assunzione di una dieta ricca in nutrienti ad azione anti-infiammatoria, come la dieta mediterranea, riduce notoriamente il rischio di patologie cronico-degenerative". "In corso di malattia, modulare la risposta infiammatoria può contribuire all'efficacia della terapia farmacologica e a migliorare la prognosi - sottolinea a sua volta il professor Maurizio Muscaritoli - Nel caso della malattia neoplastica, questa è caratterizzata da un moderato ma cronico stato infiammatorio che favorisce la crescita tumorale, la resistenza alla chemioterapia e la progressiva distruzione dello stato di nutrizione con le sue conseguenze sulla qualità di vita. L'aumento dell'assunzione dietetica di acidi grassi della classe omega-3, nutrienti con naturale azione anti-infiammatoria, può migliorare ad esempio lo stato nutrizionale e la sopravvivenza al tumore di quei pazienti con elevata risposta infiammatoria". Queste quindi le sfide dei nutrizionisti clinici nei prossimi anni. 

Anna Ghirardello


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