Scienza

mar82017

Vitamina D: modularne l'attività e valutare le carenze?

«I primi lavori che hanno messo in luce il ruolo della vitamina D risalgono agli anni '30 di Windaus, scopritore ufficiale della molecola, e ne mettono sostanzialmente in luce il ruolo determinante nel metabolismo osseo. L'iter delle scoperte è lo stesso seguito per molte altre vitamine: si parte da un dato clinico, ovvero uno stato carenziale caratterizzato da una specifica sintomatologia, in questo caso il rachitismo, e si risale alla funzione della molecola», racconta il dott. Maurizio Salamone, esperto di micronutrizione funzionale. «Nel momento in cui si è compreso che il rachitismo era una patologia carenziale - prosegue Salamone - la vit. D è diventata per circa un ventennio sostanza antirachitica, e la ricerca di base ha proseguito nell'esplicitare il ruolo di questa vitamina-ormone all'interno del fisiologico metabolismo minerale e osseo, definendone il campo di applicazione in caso di osteopenia e osteoporosi, campo mai più messo in discussione.»

La scoperta del recettore
In realtà la ricerca prosegue nell'indagare i possibili utilizzi clinici e salutistici, ma la vera svolta arriva negli anni '50 quando si identifica il suo recettore e lo si trova espresso pressoché in tutti i tessuti, rendendo palese quanto il ruolo nel metabolismo osseo fosse riduttivo rispetto alle reali funzioni fisiologiche nel corpo. «ll capitolo della ricerca "extra-metabolismo osseo" si sta tutt'ora scrivendo e oggi di sicuro sappiamo che questa vitamina-ormone è indispensabile per il funzionamento del sistema immunitario, sia adattativo sia innato, e in particolare che i linfociti B restano inattivi se i livelli di vit. D sono insufficienti. Il paziente affetto da HIV ha un quadro di knockout completo del recettore. È davvero un capitolo ancora aperto, basti pensare alla scoperta dell'esistenza di diversi polimorfismi del recettore che hanno, si ipotizza, ruoli diversi ancora tutti da indagare. Inoltre il recettore è nucleare, quindi la vit. D esercita la sua attività attraverso un meccanismo principalmente epigenetico, quindi la sua azione non è solo di segnale metabolico. Resta da scoprire come modulare l'espressione e l'attività di questo recettore e questo è a mio avviso il campo di ricerca più interessante perché si è scoperto che alcune sostanze come la curcumina o il farmaco olmesartan possono agire da agonisti ripristinando la funzionalità del recettore ove alterata.»

I punti fermi
Sono oltre diciannovemila gli studi pubblicati negli ultimi anni che stanno valutando il ruolo della vit. D e rappresentano un ambito di ricerca straordinario. «Tra tutti questi studi si può già identificare ciò che è certo, ovvero che ripristinare valori normali di vit. D porta un beneficio a livello del sistema immunitario e del metabolismo minerale osseo. Se parliamo di sclerosi multipla o tumore qui invece è ancora tutto da dimostrare. C'è il razionale per un utilizzo terapeutico della sostanza ma non basta per modificare la pratica clinica. I dati pubblicati fino a oggi sono contrastanti perché mancano gli studi di trattamento controllati.»

Le domande aperte
«Restano senza risposta certa le domande relative ai dosaggi, perché un conto è la necessità di ripristinare la fisiologia, un conto è contrastare la patologia. Le linee guida internazionali impongono di intervenire prontamente nel caso di carenze documentate ma non sono abbastanza chiare sul ruolo terapeutico di questo intervento nel caso, per esempio, di patologie reumatologiche o autoimmuni. E non abbiamo affrontato il "problema sole", perché i dosaggi dovrebbero tenere conto delle reali ore di esposizione al sole, senza schermo solare, nelle diverse stagioni e alle diverse latitudini. Tutti gli studi portano oggi a sottolineare l'importanza, per lo meno d'inverno e nelle nostre regioni, di integrare con il colecalciferolo, unica forma sicura di vit. D, a tutte le età», racconta Salamone.

Valutare le carenze
Un altro aspetto da seguire con attenzione è quello relativo alla valutazione delle carenze, aspetto indispensabile se si pensa all'utilizzo pratico di questa vitamina. «La vit. D attiva, quindi l'1,25-diidrossicolecalciferolo o calcitriolo, è potentissima nel governare la calcemia e la natura ne ha regolato la disponibilità attraverso ben due "filtri", uno renale e uno epatico, che rendono attiva solo quella parte dei precursori disponibili che serve. Da qui la complessità nella valutazione: cercare la forma attiva che ha un'emivita brevissima, a questo punto nei diversi tessuti e in diverse ore del giorno? O misurare il precursore idrossilato che ha superato il primo filtro epatico, ha un'emivita più lunga e mi da informazioni sullo stato della vit. D nell'ultimo mese, mese e mezzo? Il secondo sicuramente più valido del primo, ma non è un indicatore sempre attendibile. Esistono situazioni particolari in cui abbiamo bassissimi livelli del precursore, ma adeguati livelli di forma attiva. Inoltre a tanti stati carenziali non corrisponde una qualunque sintomatologia, anzi ci sono anche in Italia moltissime persone sane con carenze di vit. D. E questo rende di estrema attualità capire se il parametro che oggi andiamo a misurare sia quello migliore nel definire se vi sia carenza o no nell'individuo. In ogni caso - conclude Salamone -  il ripristino di valori di normalità di vit. D con l'integrazione di colecalciferolo rappresenta oggi uno dei migliori investimenti possibili per la nostra salute in termini di costi/benefici.»

Silvia Ambrogio

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