Scienza

mag252017

Il paziente oncologico è partner attivo dell'approccio nutrizionale

"Abbiamo sviluppato all'interno del gruppo di lavoro che vede seduti allo stesso tavolo l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), la Società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo (Sinpe) e la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo) la Carta dei diritti del paziente oncologico all'appropriato e tempestivo supporto nutrizionale, ora in fase di presentazione a livello ministeriale, perché c'è la volontà di coinvolgere direttamente i pazienti in questa modalità di supporto che prevede che l'intervento nutrizionale sia il più tempestivo possibile e diventi parte integrante delle cure oncologiche."
A raccontarlo è il dottor Riccardo Caccialanza, responsabile del servizio di Dietetica e nutrizione clinica della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, ex segretario nazionale e ora responsabile dell'area oncologica della Sinpe. "Questa necessità la condividiamo anche con la European cancer patient coalition (Ecpc): è di fondamentale importanza smettere di far finta di niente, che i problemi non esistano. Ci siamo ormai da tempo resi conto di avere un grosso limite interno: non è vero che tutti gli oncologi fanno screening nutrizionale, non è vero che si è sempre orientati verso il corretto inquadramento nutrizionale e questo dipende da molteplici fattori. Nell'ambito dei ragionamenti su come si possa intervenire in ambito formativo/informativo, ma anche estremamente pratico, abbiamo valutato che una possibile via potesse essere l'utilizzo di App e siamo di fatto in fase di sviluppo. L'obiettivo è quello di fornire all'oncologo tutti gli strumenti di conoscenza, ma anche di valutazione, per non perdere l'opportunità di utilizzare anche questa risorsa terapeutica. Per i pazienti è un modo per acquisire la consapevolezza delle diverse possibilità e strategie di cura. Per noi uno dei punti più critici, da affrontare con urgenza, è la totale confusione mediatica, soprattutto alla luce di un'evidente corsa alla speculazione a danno di un paziente estremamente fragile. Fondamentale quindi fare chiarezza, tra pazienti ma anche tra addetti ai lavori. Il clinico ha un'esperienza molto differente rispetto alla maggior parte degli autori di libri pubblicati sulla "nutrioncologia" o esperti invitati nei salotti televisivi a parlare di nutrizione nel paziente oncologico, ed è proprio questa non conoscenza della realtà clinica quotidiana di una persona sottoposta alle diverse terapie che rende poco veritiere le indicazioni di questi signori. Arginare questa confusione, ripeto, è per noi prioritario. Il progetto prevede quindi un'applicazione in cui semplicemente inserire i dati essenziali del paziente per ottenere la valutazione del rischio nutrizionale, quindi uno strumento immediato e di facile consultazione, che permetterà quindi di fornire all'oncologo dispositivi di facile e veloce utilizzo e contemporaneamente una mappatura dei centri di nutrizione clinica formati alla gestione del paziente oncologico e in diretto contatto con i centri di oncologia, cui indirizzare i pazienti affinché ricevano un adeguato intervento nutrizionale. L'intento è altresì quello di rendere disponibili per tutti informazioni di base su ciò che è vero e ciò che è decisamente meno dimostrato, e strategie di modificazione dell'alimentazione, da mettere in pratica durante le terapie come prima linea di intervento. E ci tengo a ribadire: non modifiche dettate dalle mode, dai libretti dei nuovi "guru" non clinici o da "credenze" non dimostrate". Se c'è una cosa che ci accomuna con gli altri Paesi è la mancanza di risorse e servizi di nutrizione clinica, quindi è un problema aperto a livello mondiale. "Da noi i percorsi sono ancora tutti da costruire, da normare e da valorizzare, ma in Italia abbiamo la migliore competenza nutrizionale in oncologia, competenza che ci è riconosciuta anche a livello europeo. In più abbiamo la condivisione di una necessità e la volontà di proporre progetti da parte dagli esperti del settore e delle associazioni di pazienti, quindi si lavora con l'egida delle principali società scientifiche. Credo sia il primo esempio a livello internazionale di un percorso nato da un'autentica condivisione degli obiettivi da parte dalle società scientifiche di riferimento e dalle associazioni dei pazienti". E questo non può che essere un punto di forza.

Silvia Ambrogio

DALLE AZIENDE