Attualità

ott82018

Infiammazione cronica e dieta: un quadro complesso

L'infiammazione cronica è uno stato persistente che coinvolge una serie di molecole pro-infiammatorie, unitamente al rilascio di istamina dalle cellule dei tessuti danneggiati. Numerosi studi associano il livello di queste molecole nel sangue (e quindi lo stato di infiammazione) con un rischio aumentato di patologie. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Grosso, medico specialista in Igiene e Sanità Pubblica, esperto in nutrizione, e autore di due meta-analisi sul ruolo preventivo di una dieta sana sul rischio di patologie cardiovascolari e di cancro al colon.

Da cosa dipende uno stato di infiammazione?
Dalle evidenze che abbiamo oggi sul ruolo dell'infiammazione sub-clinica o di basso grado, possiamo dire che è uno stato associato ad una serie di variabili quali fumo, obesità, sedentarietà ma anche attività fisica intensa e, ovviamente, la qualità della dieta. E' poi caratterizzato da una certa variabilità, anche all'interno della giornata. Non esiste un unico marcatore, né in senso positivo - per esempio un antiossidante la cui presenza sia un indice certo di protezione - né in senso negativo. La risposta dell'organismo inoltre può essere diversa sia per genetica personale, ma anche in conformità alla composizione del microbiota intestinale. In futuro, gli studi di metabolomica ci aiuteranno ad analizzare insiemi di molecole che in base a certi pattern possono dare indicazioni su quanto una dieta svolga un ruolo più o meno protettivo, ma ad oggi il quadro è piuttosto complesso.
Qual è la relazione fra infiammazione sub-clinica e malattia?
La relazione è dualistica: da un lato potrebbe essere lo stato di infiammazione di basso grado ad aumentare il rischio di malattia - come farebbe pensare, per esempio, il consumo cronico di acido acetilsalicilico per la riduzione del rischio di molte patologie, grazie all'azione anti-infiammatoria; dall'altro, la patologia nei suoi stati iniziali potrebbe innalzare il grado di infiammazione sub-clinica, che misuriamo attraverso la determinazione di alcuni marcatori.
Qual è il ruolo della proteina C-reattiva, uno dei marker più citati?
La proteina C reattiva è indicativa di uno stato infiammatorio sebbene non sia specifica di un evento in particolare. Ci sono sempre maggiori evidenze sul ruolo della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP), la cui determinazione nel sangue non è un test ad oggi effettuato di routine nelle indagini diagnostiche preventive, a livello di medico di base. Sebbene i dati disponibili debbano essere consolidati, è comunque assodato che si tratti di un marcatore di infiammazione ben correlato al rischio di patologia cardio-vascolare.
Quanto la dieta può influenzare lo stato di infiammazione?
Non possiamo purtroppo ancora correlare in modo univoco e con certezza un marcatore a una patologia o a come questo possa modificarla. Oggi quindi si tende a ragionare su quelli che vengono detti "pattern infiammatori". Nella grande famiglia delle molecole di citochine o delle interleuchine, ognuna risponde in maniera diversa alle singole patologie a cui sono state associate. Una conferma indiretta è data dal già citato caso dell'acido acetilsalicilico. Oppure in merito alle diete, abbiamo evidenze, da lavori individuali o da meta-analisi, che certi pattern dietetici possono modificare lo stato infiammatorio. Non si parla di singolo alimento ma in generale di uno stile dietetico salubre, come può essere quello mediterraneo.
Quanto è importante una dieta anti-infiammatoria nella gestione del paziente affetto da patologie croniche?
Oggi non può essere più ignorato l'approccio integrato fra il percorso terapeutico e lo stile di vita di una persona malata, non solo per le patologie cardio-vascolari o il diabete ma anche nell'ambito delle demenze, per esempio, oppure per la depressione. Oggi si conoscono bene i punti cardine di una dieta di buona qualità: abbondanza di frutta e verdura, carboidrati integrali; pesce, legumi e latticini in moderazione; poca carne (soprattutto se processata) e limitare sale e zuccheri aggiunti. Alle nostre latitudini è un modello ben descritto dalla dieta mediterranea, ma altrove, dove è più difficile reperire certi alimenti, può essere rappresentato dalla dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension). I criteri generali comuni e assodati devono ovviamente essere calibrati sulla base della patologia specifica, personalizzando la dieta sulla base delle necessità e delle preferenze.
Ci sono particolari evidenze in merito al ruolo dei polifenoli e quali sono le maggiori criticità?
I polifenoli sono molecole che ritroviamo in frutta, verdura, ma anche bevande di origine vegetale, come caffè, tè, birra e vino con una potenziale azione antiossidante e antinfiammatoria. E' importante specificare l'aggettivo "potenziale", perché se da un punto di vista chimico è certo che possano svolgere tale funzione, non è altrettanto detto che una volta ingeriti riescano a farlo. Tutto dipende da come sono assimilati. Per esempio vengono assorbiti in modo diverso in funzione della composizione del macrobiota intestinale (a sua volta influenzata dalla presenza di altri gruppi alimentari, per esempio fibre o latticini) con conseguenze dirette sulla loro attività nell'organismo. Anche in questo caso, quindi, si capisce quanto sia importante lo schema dietetico equilibrato e corretto per assicurare nel suo complesso l'efficacia dell'azione di prevenzione.

Fonti:
Dietary Inflammatory Index and Cardiovascular Risk and Mortality-A Meta-Analysis.
Shivappa N, Godos J, Hébert JR, Wirth MD, Piuri G, Speciani AF, Grosso G.
Nutrients. 2018 Feb 12;10(2). pii: E200. doi: 10.3390/nu10020200. Review.

Dietary Inflammatory Index and Colorectal Cancer Risk-A Meta-Analysis.
Shivappa N, Godos J, Hébert JR, Wirth MD, Piuri G, Speciani AF, Grosso G.
Nutrients. 2017 Sep 20;9(9). pii: E1043. doi: 10.3390/nu9091043. Review.

Francesca De Vecchi

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